Allerta di Andrea Segre sulla sospensione delle riprese al Cpr di Gradisca d’Isonzo
Andrea Segre, il noto regista e documentarista, ha lanciato un forte allerta riguardo alla sospensione dell’autorizzazione per le riprese all’interno del Centro di Permanenza per i Rimpatri (Cpr) di Gradisca d’Isonzo, in provincia di Gorizia. Durante una conferenza stampa tenutasi nei pressi della struttura, Segre ha raccontato le sue esperienze e le sfide affrontate nel tentativo di documentare la realtà di questi luoghi.
Richiesta di riprese e limitazioni
Il 3 ottobre scorso, Segre aveva presentato una richiesta per girare all’interno del Cpr, ottenendo inizialmente l’autorizzazione, ma con una limitazione significativa: non gli era consentito portare con sé avvocati esperti in immigrazione. “Ho capito che dovevo entrare da solo con la mia telecamera”, ha dichiarato il regista, sottolineando l’importanza di raccontare ciò che accade all’interno di queste mura. Tuttavia, pochi giorni fa, ha ricevuto la notizia della sospensione dell’autorizzazione, senza alcuna spiegazione da parte del gabinetto del ministero. “Ci hanno detto che ci sono dei sopravvenuti motivi di sicurezza”, ha aggiunto, esprimendo la sua preoccupazione per la mancanza di trasparenza.
Difficoltà di accesso per i giornalisti
Segre ha evidenziato le difficoltà che gli operatori della comunicazione devono affrontare quando cercano di accedere a queste strutture. “Entrare in questi luoghi è molto complicato”, ha affermato, sottolineando che lo Stato dovrebbe garantire una risposta entro sette giorni, mentre in realtà i tempi si allungano fino a mesi. Ha anche denunciato la possibilità che le autorizzazioni vengano negate all’improvviso, senza motivazioni verificabili.
Implicazioni per il settore della comunicazione
Questa situazione non riguarda solo il regista, ma potrebbe avere ripercussioni anche su altri professionisti del settore, come fotogiornalisti e giornalisti. “I Cpr sono luoghi gestiti dallo Stato e all’interno di essi devono essere garantiti non solo i diritti delle persone detenute, ma anche la trasparenza nell’uso dei fondi pubblici”, ha affermato Segre. “Se non possiamo raccontare ciò che accade, significa che c’è poca democrazia”.
Un appello per la libertà di informazione
La denuncia di Andrea Segre si colloca in un contesto più ampio, in cui la libertà di informazione e il diritto di accesso alle informazioni sono sempre più messi in discussione. La sua voce si unisce a quella di molte altre organizzazioni e attivisti che chiedono maggiore trasparenza e rispetto dei diritti umani all’interno delle strutture di detenzione.