Il fenomeno dello spreco alimentare continua a crescere in Italia, rappresentando una questione critica per l’economia e l’ambiente. Il recente Rapporto ‘Il caso Italia‘ 2025, redatto dall’Osservatorio Waste Watcher International con il supporto di Ipsos e dell’Università di Bologna, fornisce dati allarmanti sul costo e sull’impatto dello spreco nel nostro paese. Con l’avvicinarsi della 12/a Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, fissata per il 5 febbraio, emerge una realtà in cui oltre 4,5 milioni di tonnellate di cibo finiscono nella spazzatura, per un costo che supera i 14 miliardi di euro.
La dimensione del problema: costi e quantità di spreco
Secondo l’analisi presentata, il costo medio per cittadino arriva a 139,71 euro all’anno, un incremento rispetto ai 126 euro dell’anno precedente. Di questo, ben 8,2 miliardi di euro provengono dallo spreco domestico, un indicatore che riflette la necessità di una maggiore consapevolezza da parte dei consumatori. I dati rivelano una media di 88,2 grammi di cibo sprecato pro capite ogni giorno, equivalente a circa 617,9 grammi alla settimana. Queste cifre evidenziano non solo il volume del cibo sprecato, ma anche l’urgenza di adottare pratiche più sostenibili nei nostri comportamenti alimentari quotidiani.
La tipologia di cibo più sprecata include la frutta fresca e il pane, rappresentando le voci più pesanti nell’analisi. Infatti, ogni settimana vengono sprecati in media 24,3 grammi di frutta e 21,2 grammi di pane. Le verdure e le insalate seguono a ruota, con 20,5 e 19,4 grammi rispettivamente. Questo trend pone un urgente interrogativo sulla gestione e la conservazione degli alimenti, e invita a riflessioni sulle pratiche di acquisto e consumo.
L’impatto dell’insicurezza alimentare
Parallelamente allo spreco, l’accesso a cibo sano e sostenibile diventa sempre più difficile per molte famiglie italiane. L’indice Fies di insicurezza alimentare ha registrato un incremento del 13,95% rispetto all’anno precedente, evidenziando una realtà preoccupante soprattutto per le famiglie residenti nel Sud e nel Centro Italia. Queste aree, dove si registrano i livelli più alti di spreco, si trovano ora a fronteggiare anche un impoverimento alimentare significativo.
Le statistiche mostrano che l’impoverimento colpisce maggiormente le fasce più vulnerabili della popolazione. La situazione è aggravata dalla correlazione tra il reddito ridotto e una maggiore propensione a sprecare alimenti, evidenziando come il cibo più economico, spesso di qualità inferiore, subisca un tasso di deperibilità più elevato. Al contrario, il Nord Italia si distingue per un tasso di spreco inferiore, calcolato in media a 526,4 grammi per cittadino.
L’importanza delle buone pratiche e l’alleanza contro lo spreco
Di fronte a questa situazione, cresce la necessità di promuovere pratiche alimentari più responsabili. Luca Falasconi, docente all’Università di Bologna e coordinatore del Rapporto, sottolinea l’importanza di adottare piccole azioni quotidiane per ridurre lo spreco. Un esempio è l’uso dell’app Sprecometro, che offre strumenti utili per monitorare e gestire i comportamenti alimentari personali.
In un contesto in cui l’obiettivo fissato dall’Onu per il 2030 è di dimezzare lo spreco alimentare, è fondamentale che ognuno faccia la propria parte. Secondo Andrea Segrè, direttore scientifico del Waste Watcher, ogni cittadino è chiamato a contribuire attivamente, riducendo il proprio spreco settimanale di circa 50 grammi, che corrisponde a un piccolo ma significativo cambiamento nelle abitudini alimentari.
Il contesto attuale richiede un impegno collettivo per affrontare il problema dello spreco alimentare, promuovendo una cultura della responsabilità e della sostenibilità . La strada da percorrere è lunga, ma la mobilitazione della società civile rappresenta un passo fondamentale verso un futuro più consapevole e rispettoso degli alimenti e delle risorse disponibili.