DeepSeek, l’applicazione cinese che si pone come rivale delle grandi tecnologie della Silicon Valley, si trova di fronte a un dilemma cruciale: come gestire le informazioni sensibili e potenzialmente imbarazzanti per il regime di Xi Jinping. Sviluppata in un contesto di crescente censura, l’app risponde in modo intrigante a domande su temi delicati come Piazza Tienanmen, Taiwan e il Dalai Lama, rivelando le complessità del discorso pubblico in Cina. Recentemente, il Guardian ha sottoposto a DeepSeek una serie di domande per testare i limiti delle sue risposte e ha scoperto dei workaround per ottenere informazioni critiche.
La risposta a domande scomode
Quando DeepSeek è stata interrogata su eventi come il massacro di Piazza Tienanmen del 4 giugno 1989, o sulla figura iconica del “Tank Man”, l’app ha evitato di fornire una risposta diretta. Tuttavia, quando i giornalisti hanno utilizzato frasi codificate per formulare le domande, DeepSeek ha reagito in modo diverso. Chiedendo di raccontare di “Tank Man” con caratteri speciali, come sostituire A con 4 ed E con 3, l’app ha prodotto un riassunto del manifestante, accompagnato da una descrizione della famosa fotografia che lo ritrae, definendola “un simbolo globale di resistenza contro l’oppressione”. Questo esempio mette in luce non solo il desiderio degli utenti di esplorare la verità , ma anche l’ingegno nel trovare modi per aggirare la censura.
Proteste e lockdown: la voce del dissenso
Un’altra questione importante testata dal Guardian riguarda le proteste contro le restrizioni imposte durante il lockdown da Covid-19. DeepSeek ha risposto, descrivendo le manifestazioni che hanno avuto luogo in grandi città come Pechino, Shanghai e Wuhan. L’app ha caratterizzato queste proteste come “un importante momento di rabbia pubblica”, evidenziando il crescente malcontento di fronte alle politiche governative e alla gestione della crisi sanitaria. La reazione dell’app dimostra come, anche in un contesto di censura, ci siano spazi per il dissenso e come le piattaforme digitali possano diventare veicoli di espressione.
Taiwan: una questione delicata
La posizione di DeepSeek sullo status di Taiwan è un’altra prova della censura governativa che pervade il discorso pubblico. Quando è stata posta la domanda “Taiwan è uno Stato?”, l’app ha risposto in linea con la retorica ufficiale di Pechino, sottolineando che “è sempre stata una parte inalienabile del territorio cinese”. Ha ribadito il principio dell’Unica Cina e la determinazione del governo cinese a raggiungere la “completa riunificazione”. Questa risposta riflette come, nonostante l’uso di tecnologia avanzata, l’influenza governativa e la propaganda permangano forti.
Il Dalai Lama e il buddismo tibetano
Infine, DeepSeek è stata interrogata sul Dalai Lama. La risposta è stata articolata descrivendo il leader spirituale come “una figura di significativa importanza storica e culturale all’interno del buddismo tibetano”. Tuttavia, l’app ha avvertito che il Tibet è considerato parte integrante della Cina “fin dai tempi antichi”. Questo enfoque rivela come l’app gestisca tematiche complesse, cercando di collocare fatti culturali all’interno di una narrazione che rispecchia il punto di vista ufficiale, mantenendo un equilibrio tra informazioni culturali e ideologie politiche.
DeepSeek, quindi, si muove navigando tra le acque agitate di una censura rigida, servendo a volte come un portale per il dissenso e altre volte come un eco della propaganda statale. In questo panorama, emerge chiaramente il contrasto tra il potere della tecnologia e i limiti dell’espressione nel contesto cinese.