Il caso Claps: la retorica del dolore e l’importanza di parlarne

La tanto attesa serie “Per Elisa – Il caso Claps” ha finalmente debuttato con il suo primo episodio, offrendo una prospettiva inedita sulla scomparsa di Elisa Claps. La fiction, diretta da Marco Pontecorvo, si concentra sulla famiglia Claps e in particolare sul figlio maggiore Gildo, interpretato da Gianmarco Saurino. Evitando l’esaltazione del dolore, la serie ci accompagna con rispetto e delicatezza nella ricerca della verità di una famiglia che da trent’anni cerca ancora giustizia.

Anatomia di due famiglie

Il primo episodio si sviluppa in due momenti principali: prima e dopo la scomparsa di Elisa, avvenuta il 12 settembre 1993. Nella prima parte, assistiamo all’amore fraterno tra Elisa e Gildo, fatto di gesti affettuosi ma anche di dispetti. La rappresentazione della famiglia Claps è autentica e coinvolgente, permettendoci di affezionarci ai suoi membri e di comprendere come la scomparsa di Elisa abbia trasformato le loro personalità in modi dolorosi.

Dall’altra parte, abbiamo la famiglia Restivo, che nasconde le parafilie di Danilo, interpretato da Giulio Della Monica. Mentre la famiglia Claps cerca la verità, i Restivo cercano di nasconderla, creando un contrasto netto tra le due famiglie. Nonostante la sua natura disturbante, la serie riesce a far provare pena e persino vergogna per Danilo, che non corrisponde all’immagine stereotipata di un assassino.

La Potenza dell’apparenza

La storia delle due famiglie si svolge nella città di Potenza, che viene dipinta come “la città dell’apparenza”. Le istituzioni, inizialmente, ignorano le richieste della famiglia Claps, insinuando che Elisa sia scappata volontariamente. Anche la Chiesa volta le spalle a Filomena, quando si rivolge a Don Mimì Sabia. La serie non vuole condannare nessuno, ma mette in luce le diverse reazioni delle istituzioni di fronte a casi di scomparsa, criticando il pregiudizio che spesso li circonda.

Un altro aspetto interessante è l’introduzione della televisione: Gildo, dopo aver ottenuto poche risposte dalla polizia, si rivolge ai media per diffondere la storia di Elisa. Questo richiamo metateatrale ci fa riflettere sul ruolo dei programmi televisivi nella diffusione di casi come quello di Elisa. La serie ci invita a non dimenticare l’orrore di questa vicenda, evitando l’approccio morboso che spesso caratterizza la cronaca nera.

Un messaggio di condivisione e speranza

“Per Elisa – Il caso Claps” ci ricorda che il dolore è umano e che condividerlo può portare a una maggiore comprensione. La serie non sfrutta il dolore altrui, ma ci invita a riflettere sulla sua realtà e a fare in modo che tragedie come quella di Elisa non accadano mai più. Guardando la serie, condividiamo il dramma di Gildo e ci impegniamo a non dimenticare mai il sorriso di Elisa, affinché nessun’altra ragazza debba affrontare una simile tragedia.

Foto: Ufficio Stampa Rai