La recente consulenza medico-legale richiesta dalla procura ha riacceso un acceso dibattito sulla tragica morte di Alex Marangon , un giovane di 25 anni trovato senza vita lo scorso luglio lungo le rive del fiume Piave . Il padre, Luca Marangon , ha manifestato il suo immenso dolore e indignazione attraverso un post sui social, affermando: “Ti stanno uccidendo una seconda volta”. La famiglia non accetta l’ipotesi del suicidio , nonostante la perizia indichi una compatibilità tra le ferite sul corpo di Alex e una caduta accidentale dal belvedere .
La dinamica della scomparsa
Il rapporto medico-legale ha considerato il suicidio come la spiegazione più plausibile per la morte di Alex , con le ferite sul suo corpo che sembrano avvalorare l’idea di una caduta da un’altezza significativa. Tuttavia, la famiglia Marangon non si arrende e continua a combattere per la giustizia . “Noi condannati a un ergastolo di dolore che ci sta consumando dentro”, ha dichiarato Luca , sottolineando il peso insopportabile del lutto e della solitudine che la famiglia sta vivendo. Luca ha descritto Alex come un ragazzo buono e generoso, sempre pronto ad aiutare chi era in difficoltà . “Avevi un sorriso, una bella parola per tutti”, ha ricordato, mentre si scagliava contro l’indifferenza delle istituzioni e la mancanza di supporto da parte di chi considerava amici . La sua frustrazione è palpabile: “Chi ti ha fatto questo continua ad essere protetto e libero di fare i suoi sporchi comodi”, ha aggiunto, esprimendo la speranza che esista almeno una giustizia divina .
Il rito sciamanico e il contesto della scomparsa
Alex Marangon era stato visto per l’ultima volta dopo aver partecipato a un rito sciamanico a base di ayahuasca nell’ abbazia di Vidor , in provincia di Treviso . Questo evento ha sollevato interrogativi e preoccupazioni riguardo alla sicurezza e alla salute mentale dei partecipanti a tali pratiche. La famiglia Marangon ha richiesto chiarimenti su cosa sia realmente accaduto durante quel rito e se ci siano state negligenze da parte degli organizzatori .
La consulenza medico-legale ha quindi messo in evidenza non solo le circostanze della morte di Alex , ma ha anche riacceso il dibattito sull’uso di sostanze psicotrope in contesti rituali. La comunità locale e le istituzioni si trovano ora a dover affrontare una questione delicata, che coinvolge la libertà di praticare credenze spirituali e la necessità di garantire la sicurezza dei partecipanti.
Le reazioni e il futuro della famiglia Marangon
Le reazioni della comunità e delle istituzioni alle parole di Luca Marangon sono state diverse. Mentre molti esprimono solidarietà e sostegno alla famiglia, altri sollevano dubbi sulla necessità di ulteriori indagini. Tuttavia, la famiglia non intende fermarsi e continua a cercare risposte . “Spero esista almeno una giustizia divina”, ha concluso Luca , lasciando intendere che la battaglia per la verità è solo all’inizio.
In questo contesto, la storia di Alex Marangon si trasforma in un simbolo di una lotta più ampia per la giustizia e la verità , un tema che risuona profondamente in una società che spesso si trova a dover affrontare il dolore e l’ ingiustizia . La famiglia Marangon , unita nel ricordo del loro amato Alex , continua a combattere per ottenere giustizia e per onorare la memoria di un giovane che ha lasciato un segno indelebile nella vita di chi lo conosceva.