Il pezzotto per il calcio in TV: illecito amministrativo senza pena detentiva a Lecce

Il Tribunale di Lecce dichiara il “pezzotto” illecito amministrativo, punibile con multa, non reato penale. La sentenza solleva interrogativi sulla pirateria e la protezione dei diritti d’autore nel settore dello streaming.
Il pezzotto per il calcio in TV: illecito amministrativo senza pena detentiva a Lecce - Tendenzediviaggio.it - Foto generata con AI

La recente sentenza del Tribunale di Lecce ha risolto il dibattito su un fenomeno sempre più diffuso, quello del “pezzotto”: un sistema che consente di vedere eventi sportivi a pagamento, come le partite di calcio, senza un regolare abbonamento. Questo articolo esplora la decisione legale che ha dichiarato il pezzotto un’illecito amministrativo, punibile solo con una multa e non come reato penale.

Il contesto della sentenza

L’inchiesta sul “pezzotto” si inserisce in un momento critico per i servizi di streaming a pagamento, intensificata dalla crescente vulnerabilità delle piattaforme di calcio. Il sistema di protezione “Piracy Shield” è stato attivato nella lotta contro i pirati del web, mirato a stroncare pratiche illecite sempre più rampanti tra gli utenti. Infatti, gli abbonamenti annuali per la visione di eventi sportivi sono diventati proibitivi per molti, spingendo così sempre più persone a cercare alternative meno legali.

Il Tribunale di Lecce ha recentemente trattato un caso in cui un gruppo di “pirati” è stato multato per avere utilizzato un sistema che consentiva l’accesso gratuito a vari canali, dal calcio ai film, garantendo un servizio simile a un abbonamento premium a un costo irrisorio. Il giudice ha ribadito che, nonostante l’illecito, gli imputati non potevano essere perseguiti penalmente perché non avevano immesso in commercio i segnali rubati, ma li utilizzavano solo per consumo personale.

La sentenza e le sue implicazioni

Il giudice ha evidenziato che il fenomeno del pezzotto non rientra fra le definizioni di reato previste dalla normativa italiana. Questo significa che l’utilizzo di sistemi IPTV non autorizzati, benché illegale, non costituisce un reato penale bensì un’infrazione amministrativa. Gli imputati sono stati così condannati solo a pagare una multa di 154 euro ciascuno, piuttosto che affrontare conseguenze più gravi come la reclusione, che avrebbe potuto arrivare a 4 anni per ricettazione.

Il tribunale ha anche escluso che i 13 individui coinvolti avessero ricavato un profitto illecito tramite il commercio di accessi fraudolenti. La sentenza ha dimostrato chiaramente che l’uso di tali sistemi per scopi personali esclude il reato di ricettazione, che sarebbe scattato se si fosse dimostrata la volontà di rivendere i segnali agli altri. Questo ha aperto un importante dibattito sulla distinzione fra utilizzo personale e commercio di contenuti illeciti.

La reazione dell’industria e del pubblico

La decisione del Tribunale di Lecce ha suscitato reazioni contrastanti. Se da un lato, alcune associazioni di categoria e le piattaforme di streaming legittime hanno espresso preoccupazione per l’inefficacia della normativa contro la pirateria, dall’altro molte persone vedono questo verdetto come una liberazione dalle spese eccessive per il calcio.

La critica maggiore giunge dai detentori dei diritti di trasmissione, che vedono nel pezzotto una vera e propria minaccia ai loro affari. Con abbonamenti che possono costare anche centinaia di euro l’anno, l’emergere di alternative gratuite è percepita come una battaglia persa. Le partite di campionati di primo piano come Serie A e Champions League sono però le più ambite, alimentando la corsa all’utilizzo di sistemi illeciti per accedervi.

Per quanto la sentenza possa sembrare un successo per i consumatori, la questione resta complessa. La diffusione della pirateria e la mancanza di una regolamentazione chiara espongono l’industria a un rischio significativo, portando a chiedere un ripensamento delle leggi vigenti sulla tutela dei contenuti digitali. Il futuro di questa tematica rimane quindi incerto, con molteplici interrogativi su come equilibrare accessibilità e rispetto per i diritti d’autore.

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