Benedetta Signorini, figlia dell’ex calciatore Gianluca Signorini, racconta la drammatica scoperta della malattia del padre. La sclerosi laterale amiotrofica è stata una delle sfide più difficili affrontate dalla famiglia, a partire dai primi sintomi manifestati durante una partita di beach volley nel 1999. L’episodio, divenuto un ricordo indelebile per la giovane Benedetta, ha segnato l’inizio di un percorso che avrebbe stravolto le vite di tutti.
Gianluca Signorini: una carriera calcistica di prestigio
Nato a Pisa nel 1960, Gianluca Signorini è stato un indiscusso protagonista del calcio italiano, in particolare con la maglia del Genoa, dove ha ricoperto il ruolo di difensore centrale. Capitano della squadra, ha guidato il Genoa fino alle semifinali della Coppa UEFA nel campionato 1991-92, una delle vette della sua carriera. Con una carriera iniziata nel Parma, Signorini si è formato sotto la guida di Arrigo Sacchi, noto per il suo approccio innovativo al gioco. Nonostante il suo talento, Signorini non riuscì a conquistare una convocazione della Nazionale, dovendo competere con leggende del calibro di Franco Baresi e Gaetano Scirea.
Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo nel 1997, Signorini ha intrapreso nuove sfide nella vita, ma nel 1999 ha cominciato a sperimentare i sintomi della SLA, una malattia neurodegenerativa devastante. La diagnosi sarebbe arrivata solo qualche mese più tardi, ma il primo segnale d’allerta si rivelò inquietante e inaspettato.
I primi sintomi e la vita familiare
Era una giornata d’estate a Marina di Pisa, quella del 1999. Signorini, ora 39enne, stava giocando a beach volley con la famiglia quando ha cominciato a avvertire difficoltà apparentemente innocue: “Non riusciva a coordinare i movimenti dell’occhio e della mano, non alzava la palla per la battuta,” ricorda Benedetta, allora sedicenne. Da quel momento, la vita del calciatore e della sua famiglia ha assunto un nuovo significato, segnato da ansia e incertezze.
Già da subito, i sintomi hanno messo a dura prova la famiglia Signorini. “Mio padre era sempre stato un uomo attivo, amava correre, giocare a tennis e andare in bicicletta,” spiega Benedetta. La progressione della malattia si rivelò inarrestabile e in pochi mesi la famiglia fu costretta ad affrontare la dura realtà della SLA. Da quel momento in poi, il calciatore è passato attraverso una serie di esami medici e accertamenti che culminarono nella diagnosi definitiva nel novembre 1999.
La lotta della famiglia e il coraggio di Gianluca
Con il passare del tempo, la SLA ha preso il sopravvento sulla vita di Gianluca, alterando non solo le sue capacità fisiche ma anche il suo spirito. “Non riusciva più a parlare e iniziò a comunicare soltanto con gli occhi,” racconta Benedetta. Ciò che inizialmente sembrava un ostacolo insormontabile si trasformò in un’esperienza che ha forgiato il carattere della famiglia. Sebbene la malattia avesse privato Gianluca della maggior parte delle sue autonomie, la sua resilienza permise di affrontare le sfide con determinazione. “Mio padre affrontò tutto con grande coraggio,” sottolinea Benedetta, rivelando come il genitore fosse sempre presente per sostenere i suoi figli e mantenere un’atmosfera di positività.
La malattia assunse progressivamente il controllo del suo corpo, ma non del suo spirito. Le visite di amici e ex compagni di squadra furono un sostegno importante: “Tanti di loro venivano a trovarlo, come Torrente e Collovati, e mi fa piacere che il Genoa gli abbia intitolato il centro di allenamento,” sottolinea la figlia. La tracheotomia, spesso necessaria per i malati di SLA, rappresentò anche per Gianluca una decisione consapevole: “Se non fosse sopraggiunta la morte, avrebbe rifiutato l’intervento, avendo capito che non era più vita,” afferma Benedetta.
L’eredità di Gianluca Signorini e il sostegno della famiglia
Nonostante le avversità, Gianluca ha lasciato un segno profondo non solo nel cuore dei suoi cari, ma anche in quello dei tifosi e del mondo del calcio. Il ricordo di un capitano tanto amato rimane vivo tra coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerlo. La sua determinazione nella lotta contro la malattia si tradusse in un messaggio forte: nonostante tutto, c’è sempre spazio per la gioia. “Quando tornavamo da scuola, ci accoglieva sempre con un sorriso,” dice Benedetta, al ricordo del padre nelle sue battaglie quotidiane.
La figura di Benedetta emerge anche come quella di una figlia devota che ha cercato di onorare la memoria di suo padre attraverso i suoi racconti e il sostegno alla madre, un’eroina che ha dovuto affrontare il peso di crescere quattro figli da sola, in un contesto così difficile. La storia della famiglia Signorini è un esempio di come l’amore e la forza possono affrontare anche le sfide più ardue. La SLA ha rubato il padre a Benedetta, ma l’impatto della sua vita e del suo spirito continua a vivere nei ricordi e nei cuori di coloro che le sono stati vicini.