La storia politica di Fabrizio Cicchitto: ricordi e rivelazioni di un protagonista della scena italiana

L’intervista a Fabrizio Cicchitto esplora la sua evoluzione politica, le influenze formative, l’appartenenza alla P2 e le attuali dinamiche politiche con un focus su Giorgia Meloni e le sue sfide.
Immagine generata da intelligenza artificiale

L’intervista a Fabrizio Cicchitto, pubblicata dal ‘Corriere della Sera‘, offre uno spaccato intrigante della sua evoluzione politica, rivelando dettagli su alleanze, sfide e incontri che hanno segnato la sua carriera.

Le radici di un pensiero critico

Cicchitto racconta di come la sua formazione politica sia stata influenzata da una serie di settimanali, tra cui ‘Mondo‘, ‘Espresso‘, ‘Borghese‘ e ‘Candido‘. Queste letture hanno contribuito a formare un’immagine critica nei confronti della Democrazia Cristiana, un partito che, negli anni di gioventù, suscitava in lui forte dissenso. Soprattutto, grazie ai primi due settimanali, si distingueva la critica da una posizione di sinistra, mentre i secondi permettevano di impugnare le armi della polemica da destra. Il punto di non ritorno nella sua carriera politica avvenne nel 1956, un anno cruciale in cui si dichiarò socialista.

Il contesto internazionale, segnato dagli eventi in Ungheria, portò molti giovani a mobilitarsi contro l’Unione Sovietica. Cicchitto ricorda le manifestazioni, caratterizzate da momenti di solidarietà e, allo stesso tempo, da tensioni evidenti. I fascisti, alleati in quel frangente, si ritiravano appena si avvicinavano ai luoghi simbolici della sinistra, lasciando ai giovani attivisti la responsabilità di affrontare le violenze.

Il club della P2 e la sensazione di essere spiato

Uno dei momenti più emblematici della sua carriera è emerso dall’appartenenza a un gruppo di potere noto come P2. Quando gli elenchi degli affiliati furono resi pubblici, Cicchitto ha raccontato di una conversazione con Francesco Cossiga, che gli spiegò la convenienza affaristica di unirsi a quel club. L’idea che la P2 fosse un circolo esclusivo di personalità influenti, era diffusa in quegli anni. Questo aneurisma di potere lo portò a sentire un crescente bisogno di protezione.

Cicchitto ha più volte riconosciuto di aver reagito a questa pressione affiliandosi al gruppo, sentendosi però intrappolato. Era profondamente consapevole di una vulnerabilità emotiva; l’idea di un gesto estremo lo aveva sfiorato, ma il non aver agito in tal senso rappresentava, per lui, un atto di coraggio incondizionato.

L’incontro con Berlusconi e le dinamiche politiche degli anni ’90

Negli anni successivi, Cicchitto ha descritto il suo incontro con Silvio Berlusconi, durante le riunioni preliminari dell’Unione Democratica per la Repubblica nel 1998. Questi incontri rivelano una strategia politica ben articolata, con l’obiettivo di promuovere Massimo D’Alema come premier, un ex comunista considerato in grado di guidare l’Italia attraverso la crisi del Kosovo.

Questa fase della vita politica italiana ha visto protagonisti come Cicchitto, Gianni De Michelis e altri, attratti dalla visione pragmatica di Berlusconi. L’alleanza, sebbene rivelatrice di un cambio di paradigma, ha messo in evidenza tensioni interne e rivalità storiche.

L’attualità politica e il futuro di Giorgia Meloni

Rispondendo a domande sull’attuale scenario politico, Cicchitto si è soffermato su Giorgia Meloni, definendola la figura più significativa del suo schieramento. Tuttavia, ha sollevato alcune preoccupazioni sulle correnti filo-Putin e filo-Trump presenti all’interno di Fratelli d’Italia. Questo connubio di ideologie suscita in lui perplessità, ma al contempo si dichiara curioso di osservare come si comporterà Meloni in merito alla questione Ucraina, un aspetto cruciale per il futuro politico del paese.

L’analisi di Cicchitto non si limita a un semplice commento; rappresenta un affresco di un’epoca e di una cultura politica che ha plasmato l’Italia contemporanea, offrendo spunti di riflessione sulle sfide attuali e sulle scelte dei leader del domani.

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