La crescente tensione geopolitica ha costretto l’Europa a riconsiderare le proprie strategie di difesa, portando a un notevole aumento delle spese militari e a un rafforzamento della cooperazione con gli Stati Uniti. Questo cambiamento è diventato evidente nel periodo compreso tra il 2020 e il 2024, durante il quale le importazioni di armi da parte dei Paesi europei della NATO hanno registrato un incremento sorprendente, superando il 155% rispetto ai cinque anni precedenti. Un dato significativo è che il 64% di queste importazioni proviene dagli Stati Uniti, un aumento notevole rispetto al 52% del periodo 2015-2019.
Il ruolo degli Stati Uniti nella difesa europea
Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, ha recentemente presentato un ambizioso piano di investimento da 150 miliardi di euro per lo sviluppo e l’acquisto di nuove armi. In questo contesto, ha messo in evidenza l’importanza di mantenere relazioni solide con paesi come Norvegia e Gran Bretagna. Tuttavia, il distacco dall’industria della difesa statunitense non avverrà rapidamente. Pieter Wezeman, analista del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), ha sottolineato come le relazioni tra Europa e Stati Uniti nel settore della difesa siano “profondamente radicate”. Attualmente, i Paesi europei della NATO hanno già ordinato oltre 500 aerei da combattimento e una serie di altri sistemi d’arma dagli Stati Uniti. Questo scambio, che storicamente ha garantito sicurezza in cambio di ordini, è ora sotto pressione, soprattutto a causa dell’indebolimento della prima parte dell’equazione. Donald Trump, ex presidente degli Stati Uniti, ha continuato a esortare gli alleati a mantenere alti i livelli di acquisto per rafforzare la NATO.
La dominanza statunitense nel mercato delle armi
Gli Stati Uniti si sono affermati come il principale esportatore di armi a livello globale, aumentando la loro quota dal 35% al 43% negli ultimi cinque anni. Questo incremento è stato notevole, considerando che il volume delle esportazioni americane è ora quattro volte superiore a quello del secondo esportatore, la Francia. William Hartung, ricercatore del Quincy Institute for Responsible Statecraft, ha commentato la situazione, affermando che “Trump è stato un venditore di armi aggressivo nel suo primo mandato”, ma ora ci si chiede se gli acquisti possano ancora crescere ulteriormente. Nel frattempo, l’Ucraina è diventata il principale importatore di armi, con un aumento quasi del 100% dall’inizio dell’invasione russa. Questo cambiamento ha portato a un riorientamento delle esportazioni statunitensi dall’area del Medio Oriente verso l’Europa, sebbene l’Arabia Saudita rimanga il principale acquirente.
Il declino delle esportazioni russe
Dall’altra parte, la Russia ha subito un crollo delle sue esportazioni di armi, scese del 64% negli ultimi cinque anni rispetto al periodo precedente. Questo declino è stato accelerato dal conflitto in Ucraina e dalla necessità di concentrare le risorse sulla produzione interna per il fronte. Le sanzioni economiche hanno ulteriormente complicato la situazione. Attualmente, due terzi delle esportazioni russe sono destinate a paesi come India, Cina e Kazakistan. Nel frattempo, le importazioni di armi cinesi sono diminuite drasticamente, poiché Pechino sta sempre più sostituendo i sistemi acquistati all’estero con produzioni locali. Anche l’India ha ridotto le sue importazioni di armi russe, mentre gli Stati Uniti si preparano ad aumentare la loro presenza nel mercato indiano, proponendo, ad esempio, la vendita degli F-35 a Nuova Delhi.
In questo scenario complesso, l’Europa si trova a un bivio: da un lato, la necessità di rafforzare la propria difesa e, dall’altro, la continua dipendenza dagli Stati Uniti per le forniture militari. La strada verso l’autonomia militare appare lunga e irta di ostacoli, ma le recenti iniziative potrebbero segnare l’inizio di un cambiamento significativo nel panorama della sicurezza europea.