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Antonella Zarri e Graziano Scagni genitori di Alberto Scagni, dopo la lettura della sentenza di condanna a 24 anni e 6 mesi oltre a 3 anni di rems, dopo l'udienza del Tribunale. Genova, 29 settembre 2023. ANSA/LUCA ZENNARO

La lotta contro i femminicidi: la testimonianza di Antonella Zarri

La rabbia che spinge alla lotta

Antonella Zarri, madre di Alberto, l’uomo che ha ucciso sua figlia Alice lo scorso primo maggio a Quinto, esprime la sua rabbia e determinazione nel combattere contro i femminicidi. Non mancano le parole di sostegno da parte di importanti figure istituzionali, come il ministro Salvini, che cercano di rassicurare l’opinione pubblica sulla determinazione dello Stato nel perseguire questi crimini. Tuttavia, Antonella si chiede se il carcere a vita per i responsabili sia davvero sufficiente a risolvere il problema.

Il peso delle responsabilità

Antonella Zarri critica il fatto che, nonostante le pesanti pene inflitte ai responsabili dei femminicidi, lo Stato non si ritenga esente da ogni responsabilità. Ascoltando i consigli dati dalle forze dell’ordine alle donne e alle loro famiglie nei servizi televisivi, Antonella si sente amareggiata. Viene raccomandata l’attenzione ai primi segni premonitori di queste tragedie, che devono essere immediatamente segnalati alle autorità competenti. Tuttavia, Antonella non può fare a meno di pensare alle numerose telefonate, denunce e richieste di aiuto che lei e suo marito hanno fatto invano alle autorità sanitarie e di polizia. Nonostante l’omicidio di sua figlia Alice fosse stato ampiamente annunciato, i loro appelli sono rimasti inascoltati.

La violenza in carcere

La notte scorsa, Alberto, l’omicida di Alice, è stato brutalmente aggredito da due compagni di cella nel carcere di Sanremo. Questo episodio fa riflettere su quanto sia difficile per i politici accettare la responsabilità delle tragedie che accadono, addossando la colpa ad altri, persino alle famiglie delle vittime. Antonella Zarri, nonostante la rabbia e l’amarezza, continua a lottare per far sì che nessun’altra famiglia debba vivere il dolore che ha provato lei.

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