Paul Leonard Newman, soprannominato l'”uomo dagli occhi di ghiaccio”, continua a essere un simbolo di bellezza e talento nel mondo del cinema a un secolo dalla sua nascita, avvenuta il 26 gennaio 1925 a Shaker Heights, Ohio. Anche se venne considerato uno dei più affascinanti divi della sua epoca, l’etichetta di “divo” non lo ha mai fatto sentire a proprio agio. La sua carriera offre uno spaccato interessante di come un attore possa riuscire a sfuggire ai cliché del settore pur mantenendo una notevole presenza sul grande schermo.
Crescita e formazione artistica
Newman è cresciuto in un contesto familiare particolare, con un padre di origini ebree ungheresi e tedesche e una madre slovacca, devota della Christian Science. La sua infanzia è caratterizzata da una venerazione per il padre, che gestiva un negozio di articoli sportivi, mentre il suo rapporto con la madre era più complesso. Crescenti in una famiglia con valori rigorosi, Newman trovò comunque la possibilità di esprimersi nel teatro scolastico, debuttando a soli sette anni nel dramma “Robin Hood”.
Nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, dopo aver scelto di arruolarsi nella Marina degli Stati Uniti, Newman ha vissuto esperienze significative. Servendo nelle Hawai’i, fu testimone dell’esplosione dell’atomica, un evento che portò con sé un peso emotivo duraturo. Tornato al civile, decise di dedicarsi all’arte drammatica, inizialmente alla scuola in Ohio e, successivamente, all’Actors Studio di New York, guidato da Lee Strasberg. Qui sviluppò un’ossessione per il “metodo” di recitazione, che rimase un asse portante della sua carriera.
Il debutto a Broadway e il trasferimento a Hollywood
Nel 1953, Newman fece il suo esordio a Broadway con il successo “Picnic”, dove incontrò Joan Woodward, la donna che sarebbe diventata sua moglie. Anche se Hollywood lo attirava, Newman decise di percorrere una strada diversa, spostando la sua attenzione su Broadway e i programmi televisivi. La sua prima apparizione a Hollywood risale al 1954, con un piccolo ruolo in “Il calice d’argento”, un’esperienza che non gli portò soddisfazione.
La carriera di Newman iniziò a decollare nel 1955 con “The Battler” per la televisione e il film “Lassù qualcuno mi ama” nel 1956, dove interpretò il pugile Rocky Graziano. Da quel momento in poi, Newman divenne una presenza di riferimento nel cinema, portando nei cuori degli spettatori una galleria di personaggi memorabili in film iconici, come “La lunga estate calda” e “Furia selvaggia”.
Successi e sfide sulla strada per l’Oscar
Nel 1960 con “Exodus”, Newman puntò a ottenere l’Oscar, ma nonostante il suo enorme successo, il premio continuò a sfuggirgli. Questo rapporto complicato con l’Academy Awards avrebbe segnato la sua carriera; nonostante ben nove nomination, vinse il prestigioso riconoscimento solo nel 1987 con “Il colore dei soldi”. Tuttavia, la sua figura rimase un simbolo di sfida e resistenza nel panorama cinematografico.
Con “Lo spaccone” del 1961, Newman riuscì a consolidare ulteriormente la sua immagine di icona del cinema. Si dedicò a ruoli sempre più complessi, fino a esplorare il campo della commedia, come dimostrato nella sua interpretazione in “Missili in giardino”. Attraversando i decenni, continuò a collaborare con registi di spicco, tra cui Martin Ritt e Alfred Hitchcock, anche se con quest’ultimo non ci fu sintonia nella loro visione artistica.
Una vita di successi e la passione per le corse
Negli anni ’70, la vita di Newman subì una svolta importante: iniziò a dirigere film, realizzando “Rachel Rachel” con Joan Woodward e “Gli effetti dei raggi gamma sui fiori di Matilda”, un’opera che riscosse consensi. Un altro punto di svolta giunse quando incontrò Robert Redford sul set di “Butch Cassidy”, dando vita a una delle coppie più celebri della storia del cinema, culminata nel successo di “La stangata”.
Parallelamente alla carriera cinematografica, Newman trovò una passione per le corse automobilistiche. Iniziò come semplice appassionato, ma ben presto si distinse come pilota professionista, partecipando a eventi celebri come Le Mans e Indianapolis. Anche negli anni ’80, continuò a lavorare con successo, partecipando a film iconici come “Diritto di cronaca” e “Il verdetto”. La sua carriera lo vide quindi chiudere memorabilmente con “Era mio padre” nel 2002.
L’eredità di un grande attore
Malgrado la sua iconica immagine, Newman nascondeva fragilità e vulnerabilità , come testimonia il drammatico lutto per la morte del figlio Scott nel 1978. Quest’esperienza lo segnò profondamente, rendendolo ancor più complesso agli occhi del pubblico. La sua carriera, segnato da sfide e traguardi, ha contribuito a forgiarlo come un’icona che, con i suoi occhi azzurri penetranti e il suo carisma, continua a illuminare il panorama cinematografico.
Paul Newman resta, a distanza di anni, una figura indimenticabile, non solo per la sua bellezza e il suo talento, ma anche per il suo impegno e la compenetrazione tra vita personale e professionale.