Il processo per diffamazione che coinvolge lo scrittore Roberto Saviano ha subito un ulteriore rinvio, segnando la terza assenza di Matteo Salvini , leader della Lega , in aula. La questione, avviata nel febbraio 2023 , ruota attorno a post pubblicati da Saviano sui social media, nei quali il politico è stato descritto con termini poco lusinghieri, tra cui l’appellativo di “ministro della mala vita”. I messaggi contestati risalgono al giugno 2018 , periodo in cui Salvini era già al centro di polemiche politiche .
Il 10 marzo 2025 , durante l’udienza, il giudice ha accolto la richiesta di legittimo impedimento presentata da Salvini, il quale ha giustificato la sua assenza con impegni di lavoro a Milano . Di conseguenza, il magistrato ha deciso di rinviare l’udienza al 25 giugno , lasciando aperta la possibilità di un collegamento video per il ministro.
La reazione di Saviano
In aula, Saviano ha manifestato il suo disappunto per i continui rinvii del processo. “Questo procedimento è iniziato nel febbraio 2023 e fino ad oggi non è successo nulla”, ha dichiarato, aggiungendo che la querela di Salvini risale all’estate del 2018 , un periodo in cui il politico stava acquisendo potere e chiedeva i “pieni poteri”. Saviano ha sottolineato che il leader leghista dovrebbe chiarire la sua posizione riguardo alla revoca della sua scorta , un tema che ha suscitato non poche preoccupazioni.
Saviano ha anche evidenziato come, da febbraio 2023, ci siano state tre assenze “giustificate” di Salvini, con motivazioni che il noto scrittore ha definito “spesso risibili”. “Il messaggio è chiaro: questo processo non si deve fare”, ha affermato, evidenziando la gravità della situazione. Prima di lasciare l’aula, ha rincarato la dose, dichiarando: “Il mio disprezzo verso Salvini è immenso. Lo considero un traditore della democrazia, un uomo che sta portando il Paese a una deriva pericolosissima”.
La tensione tra i due protagonisti di questa vicenda continua a crescere, mentre il processo si avvia verso un nuovo capitolo. La questione della libertà di espressione e della responsabilità dei politici è al centro di questo dibattito, che non sembra destinato a risolversi facilmente.