Nel cuore del deserto del Karakum, in Turkmenistan, una voragine di gas metano brucia ininterrottamente dal 1971. La chiamano Porta dell’Inferno: un luogo reale, inquietante e più umano di quanto sembri. Un buco nella terra, un incendio che nessuno riesce a spegnere. La storia della Porta dell’Inferno è fatta di uomini, fuoco e un deserto che non dimentica.
Nel Turkmenistan centrale, immerso nel deserto del Karakum, esiste un cratere largo oltre 60 metri, nato per sbaglio. Era il 1971 quando una squadra di geologi sovietici stava trivellando in cerca di gas. La terra sotto i piedi cedette, aprendo una voragine carica di metano. Per evitare che il gas si disperdesse, decisero di dargli fuoco, pensando che nel giro di qualche giorno le fiamme si sarebbero spente da sole. Nessuno avrebbe immaginato che, più di cinquant’anni dopo, quel fuoco sarebbe ancora acceso.
Un luogo remoto, difficile da raggiungere
Il cratere si trova a circa 260 chilometri da Aşgabat, la capitale del Turkmenistan, e vicino a un piccolo villaggio chiamato Darvaza. Da lì, inizia un tratto di pista sabbiosa senza cartelli né indicazioni.
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Chi decide di andare fin laggiù deve farlo con mezzi 4×4, portare scorte d’acqua, conoscere bene la zona o affidarsi a una guida. Nessuna rete cellulare, nessun punto di riferimento: solo deserto, silenzio e l’odore del gas bruciato.
Perché le fiamme non si sono mai spente
La quantità di gas metano nel sottosuolo si è rivelata molto più grande del previsto. Ogni giorno, nuove sacche si liberano, continuando ad alimentare il fuoco.
Brucia senza sosta da più di mezzo secolo, diventando una piaga ambientale oltre che una curiosità scientifica. Il metano, infatti, è un gas serra potentissimo. E sebbene bruciarlo limiti il suo impatto diretto, il cratere resta un simbolo di spreco e rischio.

Nel 2022, il presidente turkmeno Berdimuhamedow annunciò l’intenzione di chiudere il cratere. Ma l’annuncio è rimasto tale. Il sito è troppo isolato, troppo fragile e, nel frattempo, è diventato anche una meta per viaggiatori estremi e fotografi.
Come visitare la Porta dell’Inferno
Chi vuole vedere questo luogo da vicino deve prepararsi bene. Non è una gita. Serve:
- Un mezzo fuoristrada, preferibilmente con autista locale
- Almeno 5 litri d’acqua a persona, e cibo per due giorni
- Abbigliamento da deserto: fresco di giorno, caldo per la notte
- Protezione solare, occhiali e cappello
- Torcia, GPS, ricetrasmittente o telefono satellitare
Nei pressi del cratere ci sono alcuni campi tendati. Le strutture sono minime: niente elettricità, bagni all’aperto, nessun negozio. Si dorme sotto le stelle, con il rumore del fuoco come unica colonna sonora.
Leggende e suggestioni attorno alla voragine
Da subito, la Porta dell’Inferno ha ispirato racconti. C’è chi parla di voci tra le fiamme, chi giura di aver visto ombre muoversi ai bordi del cratere. Per la cultura locale, quel buco è un confine: tra ciò che è terreno e ciò che non lo è più.
Alcuni anziani del posto raccontano che il cratere sia abitato da spiriti antichi, intrappolati da quando l’uomo ha forzato la terra. Altri dicono che il fuoco stesso sia un guardiano, acceso per non far uscire qualcosa di più pericoloso.
Suggestioni, forse. Ma nel silenzio del deserto, quando la notte arriva e le fiamme danzano, anche il più razionale dei visitatori si scopre a fissare il cratere più a lungo del previsto.
Darvaza non è solo una curiosità. È un avvertimento.