“UN ITALIANO IN ISLANDA” CI PORTA ALLA SCOPERTA DELL’AURORA BOREALE E NON SOLO

C’è un fenomeno naturale che riesce nell’impresa di sorprendere non solo il turista sprovveduto che lo vede per la prima volta, ma anche i ricercatori e gli abitanti del luogo dove esso si presenta. Stiamo parlando dell’aurora boreale la quale suscita, ogni volta, e qui sta la magia, stupefacente meraviglia anche a colui il quale dovrebbe esserne abituato.

Una, se non forse la maggiore, delle Grandi Bellezze del Nord capace di attirare ogni anno una moltitudine di persone, dai semplici curiosi agli studiosi più affermati, in Islanda dove l’aurora boreale è di casa. Concetto di casa che noi italiani conosciamo molto bene e che proprio un nostro connazionale lo ha trasferito nella terra dei ghiacci dove vi ci vive ormai da anni.

Parliamo di Roberto Pagani, poco più che trentenne originario di Cremona, il quale è la persona perfetta per descriverci e spiegarci sia l’aurora boreale che l’Islanda. Su Facebook e sul suo sito unitalianoinislanda.com racconta l’Islanda: la sua storia, la sua letteratura, la sua società, cucina, mentalità e tanto altro.

Roberto Pagani ha studiato lingue scandinave a Milano ed Edimburgo, ottenuto un master in studi medievali islandesi all’università d’Islanda nel 2015 e nel 2016 è diventato docente nella stessa università dove ha insegnato codicologia islandese, grammatica e letteratura italiana, e storia dell’opera italiana; nel 2018 ha vinto una borsa di studio di tre anni dal governo islandese per una ricerca di dottorato in linguistica islandese. Negli anni ha partecipato a diverse attività e progetti dell’Istituto Árni Magnússon, il principale centro di ricerca per la cultura islandese. Inoltre, ha tradotto in italiano testi in antico nordico: “Saghe della Vinlandia” per Diana Edizioni e “Saga di Gunnar” per Iperborea.

Insomma, una vita dedicata allo studio di questo Paese del quale ha piacere a condividere le conoscenze con i connazionali che vogliono andare al di là degli stereotipi.

Non ci lasciamo quindi sfuggire la possibilità e cominciamo con il chiedere a Roberto Pagani di parlarci dell’aurora boreale il quale ci risponde così: “Io faccio proprio da guida per l’aurora boreale. La stagione nella quale compare va dalla metà di agosto alla metà di aprile; eccezionalmente, in tarda nottata, la si può vedere dall’inizio di agosto fino all’inizio di maggio ma è di grande rarità perché è difficile vedere l’aurora boreale se c’è troppa luce poiché la luce solare soverchia il fenomeno. A parte questo però le condizioni devono essere favorevoli perché se si viene qui anche in un mese in cui c’è l’aurora boreale ma con il cielo coperto non si riesce comunque a percepirla. Ci vuole tantissima pazienza per riuscire a vederla consultando e triangolando diversi siti che trattano il meteo per capire dove statisticamente ci sarà uno scorcio tra le nuvole che permetterebbe di vederla. Conviene sempre prenotare un tour specifico per l’aurora boreale se si vuole vederla perché è necessario che ci sia un team di esperti a decidere dove andare, proprio per trovare lo squarcio nelle nuvole che la rende visibile. Squarcio che deve essere perlomeno orientato verso nord perché verso sud può non servire a niente. Se sei fortunato può accadere anche di osservarla affacciato dall’albergo, però ovviamente se parti per un viaggio mirato è bene pensare di vederla anche quando dà il suo spettacolo maggiore”.

Una domanda ci sorge spontanea: “Ci si abitua all’aurora boreale vivendo in Islanda?”. Una risposta categorica la sua: “No. Né io che vivo ormai qui dal 2014, né gli islandesi. È un qualcosa di speciale, è sempre un’emozione forte. Mi contattano tante persone, davvero molte per itinerari di viaggi, richieste e consigli; molti dei 160.000 followers che ho mi chiedono proprio dell’aurora boreale, perciò, ho creato un articolo ad hoc proprio per questo”.

Roberto Pagani ha sia un sito che un account su Facebook, entrambi seguitissimi, e gli chiediamo quindi come è nata l’idea di aprire queste due pagine on line; “La mia pagina – ci risponde – è nata molto lentamente quando ero ancora un triennalista perché all’epoca in rete in lingua italiana c’erano poche informazioni; inoltre, serviva a me stesso come ripasso e per riordinare gli studi. Alla fine del 2018 il nome è diventato quello che è oggi “Un italiano in Islanda” e la pandemia mi ha dato la spinta ed il tempo determinanti per arrivare al punto in cui è oggi. La pandemia è stata una tragedia anche per me e per la mia famiglia che è di Cremona, una delle zone maggiormente colpite. Anche io sono stato toccato da vicino, ma certamente devo riconoscere che qui in Islanda la pandemia mi ha permesso di vedere questo Paese come era negli anni Ottanta e Novanta, ovvero completamente deserto. Bisogna tenere presente che nel 2016 qui è scoppiato un turismo che definirei furibondo e quindi senza la pandemia non avrei mai visto come era questo posto prima”.

Un Paese indubbiamente affascinante l’Islanda, anche a livello culturale; a tal proposito chiediamo al nostro esperto di Islanda: “La cultura del Nord del mondo come l’ha influenzato nelle sue scelte e nel suo stile di vita? Cosa le ha insegnato?” Articolata e veramente interessante la sua risposta: “Noi abbiamo sempre un pregiudizio nei confronti delle popolazioni del nord. Gli islandesi sono un popolo molto curioso, cordiale e gioviale. Gli orari qui sono a discrezione del singolo ed è tutto molto rilassato. Qui ho dovuto imparare io stesso ad essere meno rigido. In Islanda si lavora per vivere non si vive per lavorare. Da lombardo istituzionalizzato e con i ritmi frenetici sono stato io a dover diventare flessibile. Io qui ho imparato che nella vita i risultati non sono tutto, che nella vita ci sono cose più importanti del produrre e del lavorare e che è importante avere un equilibrio tra la vita ed il lavoro, che il guadagno, il profitto, ed il successo lavorativo a volte non valgono il prezzo che paghiamo per averli. Questa mentalità ha un impatto su di me un quanto dagli islandesi ho imparato a scegliere e pensare per il futuro immediato. Gli islandesi sono stati plasmati da una terra che da un momento all’altro poteva esplodere o essere soggetta a ogni tipo di catastrofe naturale; loro, perciò, sono degli improvvisatori, non dei pianificatori; il non pianificare porta lo svantaggio della mancanza di precisione, ma se ne guadagna tanto quando arriva l’imprevisto per come farne fronte. Aggiungo poi che in Islanda non esiste il concetto di esodato, qui il sindacato ti reinserisce fornendoti formazione in diversi campi e senza limiti di età”.

In conclusione, chiediamo a Roberto Pagani cosa porterebbe della cultura islandese in Italia e viceversa: “Porterei in Italia il minore stress con cui qui si vive. Soprattutto la minore predisposizione a giudicare la vita degli altri. Gli islandesi parlano anche di fatti criminali come di un qualsiasi fatto di cronaca; la cultura del pettegolezzo qui non c’è. In Italia, nella Cremona in cui sono cresciuto io, c’è quasi un compiacimento nel giudicare le disgrazie degli altri pur non essendone parte; trovo che questo sia un bigottismo cattivo, senza pensare che le persone che giudichiamo possono essere il “frutto” di esperienze negative che poi possono capitare a tutti. Qui in Islanda c’è molta comprensione invece per chi prende strade sbagliate e soprattutto la società intera viene vista come responsabile delle sventure altrui. Tengo molto a questo aspetto, perché credo che si debba capire cosa c’è a monte di scelte sbagliate. Qua in Islanda porterei dall’Italia l’architettura; qui c’è infatti un discreto movimento di protesta sull’approssimazione in questo settore”.