Una ricerca italiana indica una possibile terapia per rallentare la demenza di Bruce Willis

scoperte promettenti nella lotta contro la demenza frontotemporale grazie a una nuova molecola che migliora i sintomi e rallenta la progressione della malattia nei pazienti trattati.
"Ricerca italiana suggerisce terapia per rallentare la demenza di Bruce Willis." "Ricerca italiana suggerisce terapia per rallentare la demenza di Bruce Willis."
una ricerca italiana suggerisce una terapia innovativa per rallentare la demenza, ispirata al caso di bruce willis nel 2025

Una nuova indagine condotta dalla Fondazione Santa Lucia Irccs di Roma ha portato a scoperte promettenti nella battaglia contro la demenza frontotemporale , una condizione che ha colpito l’attore Bruce Willis. Lo studio, recentemente pubblicato sulla rivista Brain Communications, ha messo in luce il potenziale della molecola innovativa co-ultraPeaLut, capace di rallentare la progressione della malattia e migliorare le condizioni cliniche dei pazienti.

La ricerca e i risultati

Il progetto di ricerca, guidato da Giacomo Koch, vice-direttore scientifico della Fondazione e docente di Fisiologia all’Università di Ferrara, ha confrontato i risultati di pazienti trattati con co-ultraPeaLut rispetto a un gruppo di controllo che ha ricevuto un placebo. I risultati sono stati sorprendenti: i pazienti sottoposti al trattamento hanno mostrato un miglioramento significativo nei sintomi cognitivi e un rallentamento della progressione della malattia nel corso di sei mesi. Martina Assogna, prima autrice dello studio, ha evidenziato l’importanza di questa scoperta, che potrebbe segnare un progresso cruciale nella terapia di una malattia finora difficile da affrontare.

Comprendere la demenza frontotemporale

La demenza frontotemporale è una patologia neurodegenerativa che colpisce principalmente i lobi frontali e temporali del cervello. Essa rappresenta la terza forma di demenza più comune e, purtroppo, la prima tra le persone non anziane, con oltre il 70% dei casi che si manifesta tra i 45 e i 65 anni. I sintomi variano, ma frequentemente includono disturbi comportamentali e compromissione delle funzioni cognitive, come il ragionamento e le interazioni sociali. L’attore di “Die Hard” ha dovuto ritirarsi dalla vita pubblica a causa di questa malattia, che ha reso difficile per lui comunicare.

Sintomi e varianti cliniche

Gli esperti hanno identificato tre sindromi cliniche principali associate alla demenza frontotemporale . La prima è caratterizzata da cambiamenti comportamentali e sociali, mentre le altre due forme si concentrano sulle difficoltà linguistiche, come l’afasia agrammatica e l’afasia semantica. I sintomi possono includere anche segni extrapiramidali, come depressione e rigidità. Attualmente, non esistono farmaci specifici in grado di rallentare la progressione della malattia, e le terapie disponibili si focalizzano principalmente sul controllo dei sintomi.

Il ruolo degli endocannabinoidi

Studi recenti hanno suggerito che la neuroinfiammazione gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo della demenza frontotemporale . La co-ultraPeaLut, una combinazione di palmitoiltanolamide e luteolina, è emersa come una potenziale terapia grazie alle sue proprietà antinfiammatorie e neuroprotettive. Un precedente studio pilota del 2020 aveva già mostrato effetti positivi della molecola su un campione di 17 pazienti, suggerendo che potesse migliorare alcune funzioni cognitive.

Prospettive future

Il trial clinico randomizzato, che ha coinvolto 50 pazienti, ha confermato i risultati promettenti. I dati raccolti hanno dimostrato che il trattamento con co-ultraPeaLut ha ridotto la gravità della malattia e migliorato le autonomie quotidiane. Silvana Morson, presidente dell’Associazione italiana malattia frontotemporale, ha accolto con favore questi risultati, sottolineando l’importanza di nuove opzioni terapeutiche per una malattia complessa e attualmente priva di cure efficaci.

In sintesi, la ricerca della Fondazione Santa Lucia rappresenta un passo significativo nella lotta contro la demenza frontotemporale , offrendo nuove speranze a pazienti e famiglie. Ulteriori studi saranno necessari per confermare l’efficacia di questa terapia e per approfondire i suoi meccanismi d’azione.

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