Women of Change Italia: “Esultiamo per il professionismo nel calcio femminile. Ma è solo il primo passo”

Ci siamo. Il professionismo nel calcio femminile diventerà realtà il prossimo 1 luglio. A sottolineare l’importanza di questa decisione arrivano, tra le altre, anche le dichiarazioni del presidente del Coni Giovanni Malagò: “Complimenti alla Federcalcio – dice – ma i soldi stanziati non sono sufficienti. E poi c’è una vera discriminazione anche all’interno dello stesso mondo femminile: perché le calciatrici saranno professioniste e le atlete di altri sport, come Federica Pellegrini, Sofia Goggia e Paola Egonu no?”.

La Presidente di Women of Change Italia Anita Falcetta

Le parole di Malagò sono state subito recepite da Anita Falcetta, presidente di Women of Change Italia, associazione che ha come slogan “Facciamo gioco di squadra” la quale dichiara: “Anche nello sport, come in altri settori, iniziano ad arrivare i risultati tanto attesi così che a piccoli passi si avanza lungo il cammino della Parità – continua la Presidente di Women of Change Italia – Bene che il calcio faccia da apripista essendo uno degli sport più seguiti, ma l’avanzata non può arrestarsi e ci auspichiamo che notizie come queste scatenino un effetto domino in tante altre discipline”. Superare la discriminazione significa aprire le porte alla cultura e Women of Change punta forte, determinata, sui prossimi obiettivi.  Continua Anita Falcetta sottolineando “Come ha giustamente evidenziato il presidente Malagò, i finanziamenti non sono sufficienti a sostenere la transizione. Alle calciatrici professioniste viene imposto un limite massimo dello stipendio di 30.658 euro lordi a stagione a cui è possibile aggiungere un massimo di 61,97 euro al giorno per cinque giorni alla settimana tra indennità di trasferta, rimborsi forfettari e premi. Siamo ben lontani dalle cifre dei colleghi uomini”.

Tra i principali target di Women Of Change Italia c’è la necessità di superare il gender pay gap che vede l’Italia ancora lontana da altri paesi come ad esempio l’Islanda (il primo in classifica su 156 Paesi nel Global Gender Gap Report 2021); il Belpaese, infatti, sebbene in rimonta è ancora al 63° posto. “C’è ancora molto da fare – dice Anita Falcetta – i paesi nordici si attestano come quelli che hanno colmato maggiormente il loro divario insieme a Lituania, Namibia, Nuova Zelanda, Norvegia, Svezia, Ruanda e Irlanda; tuttavia la parità di genere non è ancora stata raggiunta da nessuna nazione”.

Il passaggio delle calciatrici al professionismo è una bella vittoria, un segnale forte che dimostra la voglia di un’inversione di rotta decisivo. “Dobbiamo continuare a credere che arriveremo alla vera parità – conclude la presidente di Women of Change” – e puntare molto sul gioco di squadra al femminile, perché solo unite siamo più forti”.

Intanto, a sottolineare l’importanza del nuovo status delle calciatrici femminili, arrivano le parole di due tesserate della AS Roma, Esila Bartoli ed Elena Linari; partecipando al Convegno “Il calcio femminile, per noi una questione di cultura”, tenutosi all’Auditorium Gran Sasso Science Institute a L’Aquila, Elisa Bartoli dichiara che: “Il mio percorso per diventare calciatrice è stato lungo, ho iniziato a giocare nel cortile di casa con gli amichetti, ai miei tempi le squadre femminili non esistevano. Dico alle bambine di credere nei propri sogni, io l’ho fatto e oggi sono la capitana della squadra del mio cuore e della Nazionale italiana”. La sua compagna di squadra Elena Linari ricorda come “Da piccola giocavo con i maschi e mi sentivo una pecora nera; chiedo ai genitori delle bambine che vogliono giocare a calcio di non ostacolare la loro scelta, i miei mi hanno seguita anche all’altra parte del mondo”.