Tra le strade di La Ponche, l’Organo Marino e i villaggi dell’arcipelago, la Croazia si racconta fuori stagione. Un itinerario dentro e fuori la città, tra cultura e natura
ZARA – Affacciata sull’Adriatico più pulito, Zara non si vende come cartolina. Ci si arriva per mare, o in auto dalle strade interne. Lì si scopre che non è solo una località balneare, ma un pezzo di pietra che cammina nella storia. Al centro, il quartiere di La Ponche: strade strette, profumo di pesce e vento salato. I muri parlano. Il tempo si è fermato, ma non è sparito.
Dove la storia non è museo: piazze, chiese e la voce della pietra
Il centro storico si attraversa a piedi. Ogni lastra del pavimento è liscia per il passaggio, non per il restauro. Kalelarga, la via principale, taglia la città da est a ovest. Si passa davanti alla Chiesa di San Donato, rotonda, solida, silenziosa. Non serve un biglietto per capire dove ci si trova. Poco distante, la Cattedrale di Sant’Anastasia guarda il mare dall’alto: si sale sulla torre, si vede tutto.
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In Piazza Petar Zoranić, resti romani accanto a palazzi rinascimentali. Niente distinzioni, tutto convive. Proseguendo, si arriva alla Piazza dei Cinque Pozzi: geometria perfetta, memoria tecnica. Lì ingegneria e bellezza si incontrano senza bisogno di didascalie. Zara non espone, mostra.
L’arte che respira: suoni, luci e tramonti sulla riva
La città non è ferma. Sul lungomare, davanti alla Riva Nova, l’Organo Marino trasforma le onde in musica. Non c’è spettacolo, ma un suono che esce dalla pietra, continuo, mai uguale. Vicino, il Saluto al Sole: pannelli fotovoltaici che assorbono luce e restituiscono riflessi. Qui, il tramonto non si fotografa, si guarda. È luce che vibra sotto i piedi.
Intorno, ristoranti senza vetro fumé né arredi firmati, con pesce appena tirato su. Un piatto di cozze all’aglio, una zuppa di scampi, un bicchiere di Maraschino: il sapore non lo racconta nessuno. La peka, carne e verdure cotte lentamente sotto campana di terracotta, non è moda: è ritmo domestico, gesti antichi. Nessuna parola superflua.
Le isole, oltre la costa: ulivi, silenzi, rocce bianche
Dal porto partono le barche. Brevi tratti, poche miglia. Ognuna porta a un’isola diversa. Ugljan è verde, ferma. Pašman è lenta, profuma di mirto e timo. Dugi Otok cambia il respiro: la spiaggia bianca di Sakarun sembra Cuba, le scogliere di Telašćica sembrano Norvegia. Molat non ha niente. Solo silenzio. E poi c’è Galešnjak, l’isola a forma di cuore: lì non ci sono hotel, solo il tempo.
Dentro la terra, tra parchi e strade sterrate
Chi non vuole mare trova il Parco Naturale del Lago di Vrana: acqua piatta, sterpaglie e bici su strade bianche. Il punto panoramico di Kamenjak è un gradino sulla valle, niente recinzioni. I bambini corrono nei percorsi di Dalmaland, i genitori camminano piano. Zara non ha attrazioni, ha spazi.
Sull’isola di Pag, tra coste spezzate e terra salata, c’è l’Aminess Avalona Camping Resort. Non è campeggio da tenda. Ci sono ville glamping, piazzole con piscina privata, case mobili a un passo dal mare. Servizi minimi ma completi. Niente animazione, solo voce bassa. Ogni unità guarda l’acqua. Si sta in silenzio. Si dorme col vento. Ci si sveglia senza sveglia. Nessuno parla di “esperienza”. Si vive. Punto.