Iter giudiziari e sentenze: la falla del sistema italiano spiegata in dettaglio

La lingua delle sentenze: come le parole influenzano la cultura e l’esito dei processi

Le parole utilizzate nelle sentenze possono avere un impatto significativo sulla cultura e svelare stereotipi e pregiudizi che possono influenzare l’esito dei processi. Recentemente, sono emersi alcuni esempi che illustrano come la narrazione giudiziaria possa contribuire a perpetuare tali stereotipi. Ad esempio, a Roma, un collaboratore scolastico è stato assolto dall’accusa di aver palpeggiato una studentessa di 17 anni. Nonostante i giudici abbiano ritenuto credibile la testimonianza della ragazza e abbiano giudicato l’atto come violenza sessuale, hanno assolto l’imputato sulla base della “tesi difensiva dell’atto scherzoso”. Un altro caso controverso è stato l’assoluzione di due giovani accusati di stupro a Firenze nel 2018. Il giudice ha motivato l’assoluzione con l'”errata percezione del consenso” da parte della giovane, sottolineando i suoi comportamenti passati che avrebbero potuto creare fraintendimenti. Questi esempi mettono in luce come la vittima venga vittimizzata nuovamente attraverso l’analisi dei suoi comportamenti passati, giustificando così l’atto violento.

La responsabilità dei magistrati nel linguaggio delle sentenze

Il presidente del Tribunale di Milano, Fabio Roia, sottolinea che i magistrati, come membri della società, possono essere influenzati da idee e pregiudizi personali. Le frasi utilizzate nelle sentenze, come ad esempio parlare di “conflitto” anziché di “violenza”, possono derivare da una mancanza di formazione multidisciplinare o da pregiudizi personali. Roia sottolinea l’importanza di giudicare in modo laico ed eliminare condizionamenti involontari su questioni di grande sensibilità come la violenza sulle donne. Fortunatamente, queste sentenze sono considerate casi isolati.

Il potere del linguaggio nelle sentenze e la resistenza culturale

Il Rapporto Step del 2020, un progetto condotto dall’Università della Tuscia in collaborazione con Differenza donna e sostenuto dal Dipartimento Pari opportunità, ha evidenziato gli stereotipi e i pregiudizi presenti nel linguaggio di 250 sentenze e dei media. Questo ha dimostrato quanto sia ancora difficile il passaggio da una società patriarcale a una società di parità tra i sessi. Le leggi possono accelerare il cambiamento culturale, ma non sono sufficienti. L’analisi delle sentenze ha rivelato una resistenza culturale e la persistenza degli stereotipi. Un Osservatorio dedicato ai media è stato creato come risultato del Progetto Step, e il lavoro sulle sentenze continuerà grazie a un accordo con il Tribunale e la Procura di Tivoli. Un nuovo progetto, vincitore del bando Prin 2020 del Miur e coordinato da Flaminia Saccà, si concentrerà sulle “best practices” per contrastare la vittimizzazione secondaria e dimostrare come le parole di una sentenza possano fare la differenza nella rinascita di una donna e nella società nel suo complesso.