Rifugiati e migranti creano moda per raccontare le loro storie
Otto rifugiati politici e migranti forzati provenienti da diverse parti del mondo, tra cui Afghanistan, Bangladesh, Congo, Palestina e Russia, hanno presentato oggi a Roma la loro creazione chiamata “Linee”. Questa capsula è il risultato dei corsi organizzati dal Centro SaMiFo-Salute della Asl Roma1 nell’ambito del progetto LGnet2.
Attraverso abiti e gioielli, questi rifugiati hanno voluto raccontare le proprie storie e culture. La presentazione è stata una sfilata di moda che ha concluso un percorso formativo dedicato ai migranti, fornendo loro competenze nel campo dell’alta sartoria, del design e della creazione di abiti su misura.
La collezione di alta moda è stata indossata da modelle professioniste ed è stata realizzata dagli aspiranti stilisti che hanno trovato rifugio in Italia dopo aver vissuto storie drammatiche. Grazie a questa opportunità, hanno potuto ricevere una formazione professionale nel settore della couture, frequentando il corso della Maiani Accademia Moda, che si dedica alla formazione di “utenze speciali”.
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Maria Maiani, fondatrice dell’accademia, ha sottolineato l’importanza di fornire competenze professionali a coloro che hanno vissuto esperienze difficili: “Ritengo che le competenze altamente professionali possano fornire un riscatto e una nuova forma espressiva per chi ha vissuto esperienze di vita difficili. L’affiancamento e la collaborazione con la Asl Roma 1 ha permesso agli allievi di realizzare capi di Alta Moda in soli sei mesi, nonostante l’inesperienza iniziale e le barriere linguistiche”.
Gli abiti presentati nella sfilata sono caratterizzati da accostamenti di tessuti come lana, cotone e neoprene, e da linee lavorate in diverse soluzioni, come minidress, gonnelloni e lunghi abiti asimmetrici. Sono decorati con ghirigori, macramè e punto smog, lavorazioni eseguite a mano. Gli accessori includono voluminosi bracciali realizzati grazie a un corso di gioielli creato dalla Asl 1 Roma.
Questa iniziativa dimostra come la moda possa essere un mezzo per esprimere la propria identità e trasmettere storie personali. I rifugiati e i migranti hanno avuto l’opportunità di trasformare le loro esperienze negative in qualcosa di positivo, acquisendo competenze professionali e creando abiti unici che raccontano la loro resilienza e la loro creatività.