Omicidio Giulia Cecchettin: Genitori Turetta evitano carcere con il figlio. Rischi per Filippo

I genitori di Filippo Turetta, detenuto a Verona per l’omicidio della sua ex fidanzata Giulia Cecchettin, hanno deciso di non incontrare il figlio. Nicola Turetta ed Elisabetta Martini, dopo aver ottenuto il permesso dal pm della Procura di Venezia, hanno rinunciato al colloquio con il giovane presso il carcere. La motivazione di questa scelta sarebbe la necessità di cercare aiuto psicologico, sia per Filippo che per i suoi genitori. L’avvocato Giovanni Caruso, che aveva ottenuto il permesso di visita, ha dovuto comunicare questa decisione alla direzione del carcere di Montorio.

Filippo Turetta si è dichiarato pronto a “pagare” per le sue responsabilità durante un interrogatorio spontaneo tenutosi il 28 novembre davanti alla giudice Benedetta Vitolo. Ha ammesso di aver commesso l’omicidio e si è definito “affranto”. Queste dichiarazioni potrebbero indicare che la strategia difensiva si concentrerà sulla negazione della premeditazione, su cui la Procura di Venezia ha raccolto diverse prove, e sulla valutazione di eventuali disturbi mentali del giovane.

Il giovane studente universitario è già stato accusato di sequestro di persona, omicidio volontario e relazione affettiva con la vittima. Le pene previste per questi reati vanno da sei mesi a otto anni per il sequestro di persona, non meno di ventuno anni di reclusione per l’omicidio volontario e da ventiquattro a trenta anni per la relazione affettiva. Se venissero riconosciute le circostanze aggravanti, come la premeditazione, la pena massima potrebbe essere l’ergastolo. Senza le aggravanti, Filippo Turetta potrebbe trascorrere oltre 22 anni in carcere, con la possibilità di ridurre la pena grazie alla buona condotta.

Nella fase attuale delle indagini, è improbabile che venga disposta una perizia psichiatrica per valutare l’eventuale incapacità di intendere e volere di Filippo Turetta al momento del crimine. La difesa non ha ancora presentato una richiesta in tal senso al giudice. Non ci sono diagnosi precedenti di problemi mentali e, sulla base delle prime valutazioni psicologiche e psichiatriche effettuate in carcere, è improbabile che una richiesta di perizia venga accolta in questa fase. Sarà necessario un lavoro difensivo con una consulenza di esperti per raccogliere materiale utile, anche attraverso incontri con il detenuto, al fine di presentare una richiesta di perizia psichiatrica. Questa richiesta potrebbe essere presentata più avanti, eventualmente durante il processo.