Rimpatri dal Cpr: Il 70% riguarda cittadini tunisini

Un recente report di ActionAid e del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari, intitolato “Trattenuti. Una radiografia del sistema detentivo per stranieri”, ha analizzato il sistema dei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) in Italia. I dati raccolti dal 2014 al 2021 evidenziano un sistema inumano e costoso, che ha avuto come principale risultato i rimpatri accelerati dei cittadini tunisini. Nonostante ciò, i migranti tunisini rappresentano solo il 18% degli arrivi via mare nel periodo 2018-2023.

Un fallimento annunciato

A partire dal 2017, i vari Governi hanno investito nella detenzione amministrativa degli stranieri come politica di rimpatrio efficace. L’obiettivo era quello di istituire un Cpr in ogni regione, per un totale di 20 strutture. Attualmente, sono attive solo 9 di queste strutture, che si sono rivelate ingestibili. All’interno dei Cpr si verificano atti di autolesionismo, rivolte e disordini a causa delle condizioni di estremo disagio e privazione dei diritti delle persone trattenute.

Termini di detenzione sempre più lunghi

Nonostante il sistema funzioni al 50% della sua capacità ufficiale, i termini di durata massima della detenzione sono diventati sempre più lunghi nel corso degli anni. Nel 1998 erano di 30 giorni, mentre nel 2023 sono diventati di 18 mesi. Tuttavia, questo non ha portato a un aumento dei rimpatri. Al contrario, i rimpatri sono diminuiti dal 60% nel 2014 al 49% nel 2021.

Due tipi di Cpr

Il report evidenzia anche due tipi di Cpr: i centri di frontiera, con tempi di permanenza più brevi e un alto tasso di rimpatri (come Caltanissetta e Trapani), e i Cpr come estensione del carcere, con permanenze più lunghe e pochi rimpatri (come Torino e Brindisi). Si assiste quindi a una confusione voluta tra il sistema di accoglienza e il sistema detentivo per rimpatri nelle zone di frontiera. Nel periodo 2014-2021, oltre il 74% delle persone entrate in un Cpr sono state trattenute nei centri di Caltanissetta, Roma, Torino e Bari. Inoltre, solo il 15,8% delle persone che entrano nei Cpr proviene dal carcere e, secondo i dati, nella maggior parte dei casi non possono essere rimpatriate.